venerdì 4 aprile 2008

La polemica du jour

Lo so che le persone normali hanno altro da fare, ma l'unica cosa di cui vorrei parlare oggi è la polemica scoppiata tra il direttore di Rolling Stone Italia, Carlo Antonelli e Il Foglio, nella persona di Maurizio Crippa (evidentemente armato da Giuliano Ferrara). Appena recupero tutti i link ve li metto qui.

Qui la lettera del lettore che ha dato avvio alla polemica
Al direttore – scrive il direttore dell'edizione italiana di Rolling Stone che il film “Juno” è stato "ridicolmente malinterpretato" da "certe pive brontolone di casa nostra". Non si preoccupi, non ce l'ha con me che le scrivo, o con lei che organizza, o con quanti la sostengono. Ce l'ha, evidentemente, con un redattore della rivista stessa il quale, nelle pagine delle recensioni cinematografiche, non si accorge che le straordinarietà del film sono il mancato aborto e la scelta della vita, e si affida semplicemente ad un "decide di dare in affidamento il nascituro ad una giovane coppia un po' irrisolta dell'upper class". E vissero tutti felici e contenti. Cordiali Saluti

Segue la risposta del direttore di Rolling Stone
Al direttore - Il lettore del Foglio che con la penna rossa va a caccia di contraddizioni dentro il numero in edicola di Rolling Stone dovrebbe a sua volta ricevere una brutta tirata d'orecchie,visto che confonde la sinossi del film Juno contenuta nella recensione da noi pubblicata con il giudizio da me espresso sull'uso improprio che alcuni stanno facendo del film come oggetto culturale.
Rolling Stone apprezza il film per la freschezza del sui sguardo sull'adolescenza e del suo linguaggio (indipendentemente da ciò che decide nel finale la protagonista del film,per essere chiari,da qui l'uso improprio a cui mi riferivo),il lettore che vi ha scritto lo apprezza perché finisce come vorrebbe lui.E confonde l'uno con l'altro,come si faceva due secoli fa,tempo al quale peraltro appartiene la crociata che invade il Foglio ogni giorno,almeno fino alle elezioni. Tutto qui. Carlo Antonelli


Segue articolo di Maurizio Crippa (stralci di, ché l'articoo è molto lungo e non c'è un link, quindi ho riportato i passi fondamentali)
Si può magari credere di stare belli acidati sulla west coast di quarant'anni fa, ed essere parimenti convinti di esercitare il libero arbitrio della controcultura contro le crociate elettorali. E invece, più prosaicamente, si sta quarant'anni dopo col culo al caldo di Milano, a impaginare la caricatura di italiana di Rolling Stone, convinti che faccia molto pensiero indipendente butta giù editoriali con scritto "amiamo ricavare dalle crisi delle opportunità" e "amiamo le famiglie disfunzionali", come fosse smascherare chissà quale orgia del Potere. Si può credere, basta che paghiuno. E certo anche l'Iliade poteva finire in un altro modo, se Ettore ammazzava Achille ed Enea andava a fondare, poniamo, Teheran. E pure il finale di Delitto e Castigo, con Raskolnikov che la fa franca e diventa il primo presidente di una Russia con eutanasia obbligatoria delle vecchiette. E Madame Bovary che si fa suora? Niente differenze, il finale delle opere d'arte non conta, no? Ma se il dottor Zivago non moriva per la strada, ma se Pat Garrett sparava solo allo specchio, e non a Billy the Kid? Magari cambiava il senso. Già, perché ci sarebbe anche il senso, prima di consegnarci alla sola esistenza della sua caricatura disfunzionale.
(...)
Il direttore di Rolling Stone edizione italiana che ieri scriveva al Foglio indispettito di essere stato pizzicato a insinnuare che sia moralmente indifferente come finisca Juno, e cialtroni noi che approfittiamo del fatto moralmente inconfutabile che finisce come piace a noi - è uno di quelli che amano questo sofisma vestito da ragionamento. (...) Il finale non conta? A furia di vivere con la zucca nel secolo scorso, avendo orecchiato le balle che importante è il viaggio e non la meta, e il finale aperto e l'opera aperta pure lei (..) forse quelli di Rolling Stone si sono convinti che sia così. (..) Altro che non fa diferenza come vada a finire Juno, mica stiamo menandocela su come sarebe stato il rock se non moriva Jimi Hendrix. (...) Non farà differenza per quelli di Rolling Stone, ma sarebbe bello che lo facesse per le caricature ventenni delle femministe anni Settanta che urlavano l'altro ieri a Bologna. Perché in fondo è la stessa triste parodia: c'è chi crede di stare a Berkeley con Marcuse, e chi crede di stare a fare il 77 a Bologna, tirando uova contro la libertà di parola. Benvenuti nel terzo millennio,dove della vita conta l'inizio, ma anche la fine può essere differente. Svegliatevi.


Risposta del direttore di Rolling Stone Carlo Antonelli
Fratello Crippa, che c'e' che ti rende cosi' livoroso? Maurizio, ma perche' non vieni anche tu a scaldarti un po' il culo nella calda comune di tardofricchettoni di Rolling Stone? Caricatura per caricatura, ritardo culturale per ritardo culturale (i nostri e i vostri, intendo), tanto vale che te ne vieni un po' a stare da noi, a farti dei grandi cannoni in compagnia (vedrai che risate, c'abbiamo anche i bonghi) e scioglierti finalmente in orgette allegre (altro che quelle del Potere) non importa se con uomini o con donne (sospetto persino che alcune di queste nel passato abbiamo deciso di abortire, questo te lo devo premettere). Sara' stupendo discutere con te di Torodov e Barthes, e divertirci a cambiare i finali della Storia e della Letteratura, mischiando tutto come ci pare e piace. Vedrai, sara' uno spasso. Ti aspettiamo a braccia aperte, amico. Peace. Love. Carlo Antonelli

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