giovedì 29 ottobre 2009

È la tv che è maschilista, certo, non è lei che è complessata, no no.

Strillo sulla copertina di A in edicola questa settimana. Claudia Mori: «Ho 65 anni e mi piaccio ancora». Peccato che le quattro pagine di intervista all'interno siano tutte dico tutte illustrate con fotografie che risalgono a quando la signora aveva grosso modo 30 anni.

domenica 18 ottobre 2009

Chi trova un tassista trova un tesoro

Ieri sera ho rischiato la vita. Il taxi che stava riportando in albergo me e il mio amico è stato centrato in pieno da un pirata della strada che stava percorrendo via Nazionale a velocità piuttosto sostenuta. L'impatto è stato fortissimo: sono volati pezzi di automobile ovunque, la parte anteriore del taxi si è completamente distrutta, il serbatoio ha incominciato a perdere benzina. Siamo scesi dall'auto con le gambe che tremavano. Il tassista - anche lui miracolosamente illeso - ha nell'ordine: incominciato ad inveire, chiamato il 113, si è messo le mani nei capelli urlando "quel bastardo mi ha distrutto la macchina, prendetelo, prendetelo". Io e il mio amico sempre lì, tremanti, in mezzo alla strada. Più il tassista inveiva, più gente si fermava. Tutti a guardare i danni alla macchina e la benzina che usciva dal serbatoio. Noi sempre lì, in un angolo, ignorati da tutti, soprattutto dal tassista. Dopo un quarto d'ora e superato un po' lo choc io e il mio amico ci guardiamo: "Direi che possiamo andare". Una tassista donna che si era fermata a guardare l'incidente si offre di accompagnarci ai rispettivi alberghi. Facciamo per salire in macchina quando il tassista finalmente si ricorda di noi: "Aò ma che la corsa nun me la pagate?".

giovedì 8 ottobre 2009

Il paese che vorrei/2

L'ho già scritto qua e mi ripeto: vorrei tanto, ma tanto, che di fronte a un politico che si permette di insultare una donna con argomentazioni che non hanno niente a che vedere con le diverse idee politiche, ecco, vorrei che di fronte a insulti sessisti e volgari - siano essi dare velatamente della pompinara a un direttore di giornale, o dare della cessa a una signora - gli altri ospiti presenti si alzassero e se ne andassero. O per lo meno prendessero le distanze dal cafone di turno. Oppure facciamo che da oggi vale tutto e a uno che si permette di dire "sei più bella che intelligente" si risponde di default "tu ce l'hai piccolo e manco ti tira" o altre più giuste alternative suggeritimi dagli amici di friendfeed del tipo: "sei più altro che intelligente" o "sei più alto che onesto".

Il secondo mestiere più antico del mondo

No, volevo solo aggiornarvi sull'argomento "epiteti e frasi offensive che i politici di destra rivolgono a donne che osano avere opinioni contrarie alle loro o forse solo opinioni in generale". In una puntata di Porta a Porta che passerà alla storia per lo sbrocco definitivo di Berlusconi, Castelli ha ripetutamente dato della "zitella petulante" a Rosy Bindi, rea di essersi indignata perché quell'altro, al telefono, continuava a dire cose dell'altro mondo sul Presidente della Repubblica. Riassumendo, quindi: o pompinare o zitelle.

Update: avevo perso l'inizio della telefonata. si sente distintamente Berlusconi dire a Rosy Bindi «Sento parlare la signora Rosy Bindi: è sempre più bella che intelligente». A questo la "zitella petulante" di Castelli passa decisamente in secondo piano. Allego video (è al minuto 3).

mercoledì 7 ottobre 2009

Quella volta in cui Sting mi disse che alle lolite lui preferisce di gran lunga le donne mature


Alla fine glielo dico, anche a rischio di sembrare scortese. Dopo tutta la gentilezza, la tazza di tè, le domande - sue a me - sulla famiglia e gli antenati. «Sa che sono veramente stupita che lei abbia ancora voglia di farsi intervistare? Voglio dire, potrebbe imporre solo interviste via mail o al telefono o farne una all’anno col New York Times e basta». «Ma io a questo disco ci tengo, voglio che la gente lo conosca. Parlare con lei non è mica una tortura, sa?». È che a forza di mezze calzette che no-l’intervista-no-perché-sono-troppo-esposta, una si dimentica che cosa voglia dire - in termini di professionalità, ma non solo - essere una popstar da decine di milioni di dischi venduti e una carriera trentennale che non conosce pause né flessioni e che è passata indenne sia da imbarazzanti rivelazioni sulla sua vita sessuale (le famose otto ore di sesso tantrico, le fotografie fuori da un bordello tedesco) sia da una reunion con i Police conclusasi ad agosto del 2008 al Medison Square Garden dopo un anno di concerti sempre esauriti.
Siamo a Londra, in un edificio vittoriano stretto tra The Mall e Green Park. È al terzo piano di questa palazzina che Sting mi riceve per parlare del suo nuovo progetto: un disco di musica tradizionale dedicato al tema dell’inverno, registrato lo scorso autunno nella sua casa in Toscana. Jeans, maglietta bianca, barba incolta, fisico  asciutto e leggermente più tarchiato di come ti sei immaginata vedendolo sempre e solo da sotto il palco, l’uomo di cui ho consumato i dischi da ragazzina mi stringe la mano e a bassa voce mi chiede se il suo ultimo lavoro  mi sia piaciuto. Rispondo che sì, mi è piaciuto, ma che sento di aver ancora bisogno di educazione a questo tipo di musica. «È qualcosa di diverso», dice, «ma è proprio quello che volevo fare. Mi piace sorprendere la gente. Il giorno in cui smetti di sorprendere te stesso e gli altri finisce che ti annoi».
Perché proprio l’inverno e non, che so, l’autunno?
«È la mia stagione preferita. In estate non vedo l’ora che venga il momento di infilarsi il maglione e uscire a passeggiare. Da bambino adoravo la neve perché quando nevicava era tutto più magico. Sono cresciuto in una città industriale quindi non esattamente bella o poetica, ma con la neve si trasformava in qualcosa di magico. L’inverno è il periodo dell’anno che favorisce maggiormente l’immaginazione: ci si siede davanti al camino, si riflette sul passato, su quello che è stato l’anno appena trascorso, ci si prepara a quello che verrà. È una stagione psicologica oltre che temporale».
E perché non un disco di canzoni più tradizionalmente pop?
«Il repertorio del quattordicesimo e quindicesimo secolo, la tradizione pagana, quella folk, la musica classica: è questa la musica che mi interessa in questo momento».
Veramente io ieri sera ho visto il film “Bruno” e nel finale c’è lei con Bono Vox, Elton John, Chris Martin che canta “Bruno colomba di pace” scimmiottando e ironizzando su operazioni come il Live Aid…
«Ammiro molto Sacha Baron Coehn, è una persona intelligente e coraggiosa per il tipo di comicità che fa: cantare quella canzone idiota è stato molto divertente».
Essere Sting vuol dire questo? Poter cioè passare da una canzone comica a un disco molto intimista sull’inverno senza perdere di credibilità?
«La mia vita è incantevole. Faccio cose interessanti e vengo pagato per fare cose che farei anche gratis».
L’etichetta di popstar le dà fastidio soprattutto adesso che i suoi interessi sono così diversi?
«No. È stato il modo in cui sono entrato nel mondo della musica trenta anni fa e capisco che mi sia rimasta appiccicata addosso. Quello che tento di fare oggi è di trasformare il mio interesse a volte un po’ esoterico per la musica in qualcosa che possa avere un appeal anche per il grande pubblico. Mi piace far conoscere alla gente cose nuove. In fondo, prima di diventare un musicista professionista ero un insegnate. Si vede che un po’ lo sono ancora».
Che cosa le piaceva del mestiere di insegnante?
«Che per spiegare ad altri una materia devi saperla veramente bene quindi impari tantissimo».
I suoi figli hanno tutti scelto carriere nel mondo dello spettacolo: Coco fa la modella e la musicista, Jake e Bridget sono attori. È felice di questa scelta?
«Sono più dispiaciuto che nessuno dei miei figli abbia scelto di fare l’avvocato o il medico. Sa, invecchiando un medico in famiglia avrebbe fatto comodo».
So che Coco ha appena firmato un contratto discografico e che sta registrando il suo primo disco. Lei è coinvolto in qualche modo?
«No, lei non mi darebbe comunque ascolto. Quando era piccola cantavamo spesso insieme, quindi qualcosa di buono le ho insegnato: ha molto talento, canta benissimo e sono sicuro che avrà successo».
La fa soffrire che non voglia il suo aiuto?
«Certo che mi fa soffrire, ma capisco che per crescere e diventare adulta debba bandirmi dalla sua vita. Riconosco il processo: anche io ho fatto così».
Ha avuto un’infanzia felice?
«Non particolarmente. Non ho nessun rimpianto, ma non è stata un’infanzia felice. In qualche modo questo disco riflette quel periodo della mia vita quando d’inverno accompagnavo mio padre a consegnare il latte nelle case e fantasticavo su quello che sarebbe stata la mia vita, sul mio diventare musicista, sull’avere una famiglia. Sognare fa bene perché a forza di farlo a volte i sogni si avverano: a me è successo. Sto ancora vivendo un sogno. Qualcuno prima o poi mi sveglierà».
È questo l’insegnamento che ha dato ai suoi figli: l’importanza del sogno?
«Sì e del lavoro come mezzo per realizzarsi. C’è differenza tra essere famosi  ed essersi guadagnati l’apprezzamento della gente per quello che si è realizzato nella vita. Per essere famosi al giorno d’oggi basta una fotografia sul giornale. Quello che ho cercato di insegnare loro è l’importanza dell’impegno, del tentare più che dell’avere successo».
Lei con la celebrità come convive?
«Bene nel senso che non è un argomento che mi interessa. Non penso a me come a una persona famosa, vivo una vita normale».
È possibile vivere una vita normale?
«Abito dall’altra parte del parco, vengo qui a piedi, non ho guardie del corpo. Per me non è difficile anche perché ho prima di diventare famoso avevo una vita vera: un mutuo, un lavoro, un’assicurazione sanitaria. Forse per gente che non ha mai avuto la possibilità di vivere una vita normale è più difficile, ma se incominci a costruire muri intorno a te per tenere lontana la realtà finisci come Michael Jackson».
Lei e sua moglie Trudie siete sposati da 30 anni: è quasi un record, altro che normalità.
«Il matrimonio è un’istituzione molto complicata. La cosa più importante è che a me mia moglie piace. Capisce la differenza?  Non è solo amore, è che una persona ti deve piacere anche per le cose che dice, per quello che pensa. La cosa difficile è mantenere nel tempo questi sentimenti perché le persone cambiano e allora devi adattarti, non puoi essere rigido. Naturalmente io non sono il marito perfetto e lei non è la moglie perfetta, ma insieme navighiamo. Trudie è la mia migliore amica. Siamo della stessa generazione, abbiamo avuto un’educazione simile, esperienze simili».
Che effetto le fa vedere alcuni suoi colleghi che a 50 anni suonati scelgono come compagne donne di 20?
«Il ruolo della musa è sempre esistito. Anche Charlie Chaplin era ossessionato da donne molto giovani. A me non fanno nessun effetto. Ho insegnato per anni a studentesse adolescenti: sono immunizzato a vita».
Inverno vuol dire soprattutto Natale. Come lo si celebra in casa Sting?
«Insieme: è l’unico giorno in cui i miei sei figli tornano tutti a casa. In questo siamo proprio come una vera famiglia italiana. Infatti dopo tre giorni cominciamo a litigare».
(Grazia 12/10/2009)

lunedì 5 ottobre 2009

Del perché con un uomo che mi dice "stai meglio con le ballerine" non potrà mai funzionare

Il Times ha chiesto a cinque uomini di vestire una donna secondo il loro gusto ideale e di motivare la scelta. Uno degli uomini è Alex James. Questo è il look che ha scelto e questa la sua motivazione:  «My ideal woman is someone who looks like she’s just played football or climbed a tree. It’s quite tomboyish, but with a short skirt. And high heels».



(E poi va avanti dicendo che gli piacciono le tardone. Come non amarlo: «I also love women who rock interesting looks, like Florence Welch. Hers is the ultimate muddy-knee look, and there’s nothing sexier than muddy knees. The outfit I’ve chosen doesn’t look too girlie. There is gravity to the Chanel jacket. The short skirt is sexy and, I guess, quite young. I know youth is the engine used to sell things, but I truly believe that women get more beautiful as they get older; confidence is the biggest aphrodisiac»).

venerdì 2 ottobre 2009

I used to be dieci chili in più



 Questa foto di Cindy Crawford (qui si vede meglio) datata 1992 pubblicata da Panorama parla più di qualsiasi tomo sociologico sulla modifica dei canoni estetici e sulla pressione sociale alla magrezza. Non sto dicendo che è colpa della società se al mattino non mangio il cornetto perché quella è fondamentalmente una mia scelta, ma se una con quei fianchi nel 1992 era una modella tra le più pagate al mondo e adesso sfilerebbe per le taglie forti, bè non possiamo fare finta che non sia così. Caso mai c'è da incazzarsi: peggio dell'essere grasse c'è solo essere magre fuori tempo massimo.